domenica 27 settembre 2009

Scapigliamoci!

Alessio Mazzucco

E se entravo titubante dagli alti portali di Palazzo Reale nella scapigliatissima mostra che Milano è lieta di offrire, colpevole sì di lacune sull’ottocentesco movimento artistico quanto della mancanza mia peculiare d’intendere le sfumature e i particolari più piccoli, ne sono uscito sorridente e pensoso dei mille spunti di riflessione che il percorso artistico mi ha donato.

Dunque la Scapigliatura: inquadramento storico. Sviluppatosi tra gli anni Sessanta e Novanta del XIX secolo, tra gli idilliaci luoghi lombardi delle campagne e dei laghi, mete tutt’ora agognate dal cittadino milanese, e la scuola artistica di Brera, il movimento è battezzato da Cletto Arrighi con il libro La Scapigliatura ed il 6 febbraio. Definire un uomo, un giovane, uno scapigliato era definirlo bohemién, figlio di quella tradizione tutta parigina degli outsider, gli emarginati sociali.

Ribellione, disgusto e rivolta ad una società borghese e ipocrita, dimentica già di quei valori e ideali che fino a pochi anni prima avevano infiammato il cuore di patrioti e martiri. Siamo in una nuova Italia, anzi, nell’unica vera Italia, unita dopo lotte decennali, ansiosa d’affacciarsi nel mondo come potenza politica ed economica. E di fronte alle novità politiche, ecco emergere le novità sociali della borghesia, il positivismo, l’amore per la scienza e il progresso. Il Risorgimento è superato, perduto forse nell’amalgama silente in cui gli ideali furono destinati a morire.

Gli Scapigliati non ci stanno. E con pennellate irrazionali, contorni vaghi, figure sfumate, a volte immerse nella luce e nella natura a confondere i tratti, ecco che i nuovi artisti di Brera cercano una loro personale soluzione alla visione nel mondo. Si abbandonano le pose classiche nei ritratti per far spazio a indagini psicologiche, nessuna rigidità, ma movimento dato dal pennello, allegria data dalla luce, grazia dall’ambiente in cui l’uomo si ritrova come soggetto cardine del quadro. Si lascia spazio ai sentimenti umani: la passione, l’amore fraterno o passionale, la dolce culla della lettura, del silenzio, dell’attesa e dell’ammirazione per la bellezza che d’intorno ci circonda, l’innocenza infantile.

Forse perché passando di stanza in stanza si viene letteralmente “assaliti” dalle foghe giovanili degli artisti, forse perché semplicemente l’animo mio già si posava sulle domande più diverse, ma uscire da quella mostra senza un pensiero, una riflessione, è stato pressoché impossibile. Su cosa? Dall’amore alla natura, dalla gioia di momenti estatici alle figure ritratte. Forse anche all’Italia dei giorni nostri, a quell’Italia che a 150 anni dall’Unità già non si sente più una ma plurima, per cantare poi gli inni nazionali a soli due minuti prima del calcio d’inizio. Forse alla nostra società, deturpata dalla cultura dei media e dei messaggi pubblicitari, degli slogan e dei luoghi comuni. Meno di 150 anni fa un gruppo di artisti lottava contro la “borghesizzazione” del nostro Paese; ora siamo giunti allo stadio successivo, alla classe omogeneizzata di una società assalita da nuovi, oscuri e, purtroppo, silenti nemici.

Scapigliato, al giorno d’oggi, credo non significhi solo essere bohemién, “alternativo” al pensiero borghese, ma reputo meriti qualcosa di più. Io lo definirei pensiero autonomo, slegato dalle influenze delle mode del momento e degli ambienti, lo definirei lotta all’omogeneità, ricerca della diversità, volontà di esprimere ancora i sentimenti più semplici e le gioie più comuni per elevarsi, poi, ai pensieri più alti. Chissà: magari un po’ di Scapigliatura, al giorno d’oggi, gioverebbe un po’.