venerdì 27 novembre 2009

La Donna Baudelairiana: Ossimorica Incarnazione Di Un Raggio Lunare

Jenny Luchini

“Mentre dormivi nella tua culla, la Luna, che è il capriccio in persona, guardò alla finestra e disse- Questa bambina mi piace-”. Inizia così il poemetto in prosa di Charles Baudelaire intitolato “I benefici della luna” ("Les bienfaits de la Lune”), contenuto nella raccolta “Spleen di Parigi”(composta tra 1855-1864) e non di certo una delle opere più conosciute del poeta maledetto.

L’ incipit rappresenta una sorta di battesimo spirituale,un effluvio sensualmente oscuro che la luna infonde nella donna, ancora bambina, legandola eternamente a lei. Le dona l’incanto esteriore, occhi verdi, carnagione d’opale,ma non solo questo;come una dolce tiranna impone sulla donna la sua eterna influenza, i suoi stessi amori e capricci. La donna, come la Luna stessa, sarà quindi legata all’acqua, tranquilla o multiforme (antico simbolo di fertilità), alle nuvole, alla notte e al silenzio, ai gatti flessuosi e languidi. Ma soprattutto sarà attratta dal luogo in cui non è, e dall’amante che non conosce. Sarà corteggiata da coloro che amano la Luna stessa,da quegli uomini così simili al poeta, cioè a quel nemico del sonno che in una altro bellissimo sonetto, “tristezze della luna” (contenuto in “Spleen e ideale”) sarà lì, pronto a raccogliere le lacrime dell’astro, e a conservarle come un talismano, per poi incastonarle tra i versi di una poesia.

Infatti in quest’ultimo sonetto, seppur precedente al poemetto, l’identificazione Luna- Donna è ancora più forte, supportata da un voluto gioco di ambiguità. La donna non è più una bambina, o meglio, è la luna che, in una serata malinconica, diventa donna,e stesa mollemente sui suoi cuscini, si accarezza distrattamente i seni nell’estatica e narcisistica contemplazione di sé stessa.
Così come la luna ha due volti, anche la visione di Baudelaire riguardo al mondo femminile è ambigua. C’è il lato chiaro, luminoso, permeato direttamente di fascino e luce angelica, che porta a identificare la donna con la realizzazione di un riscatto o con la salvezza divina. La donna, come la luna, arrotonda il suo ventre e contribuisce al ciclo della vita, e con i suoi ritmi regolari fa da eco all’astro celeste, che per antonomasia scandisce i battiti del tempo.

Ma tutto sembra essere smentito, e prevale il volto oscuro del femminino quando ad esempio Baudelaire descrive la donna come riflesso della temibile divinità, come intossicante madrina portatrice di malefici, prostituta o anche forma seducente del diavolo.

Il poeta maledetto lungo tutta la sua opera ci presenta quindi la donna come una “maledetta e cara bambina viziata”, una figura di luci ed ombre, dal fascino dolce e malvagio, un degno granello di polline dei “Fiori del male”, ossimoro costante e sempre in equilibrio tra poli opposti, tanto da essere sempre un soggetto estremamente attraente da analizzare e interpretare.

martedì 17 novembre 2009

Leggere E' Un'Arte E Una Filosofia!

Gianpaolo Repici

Pochi giorni fa chiacchieravo con alcuni membri di questo giornale di come ciascuno intenda la lettura, con quale stato d’animo essa vada affrontata e in che modo una persona debba approcciarsi ai libri che vuole leggere. La chiacchierata, ricca di spunti interessanti, mi ha portato ad estendere il dibattito a tutti coloro che leggono o scrivono su Il Caffè.

“Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo del vivere” scriveva Daniel Pennac. Mi trovo in perfetto accordo. Una delle cose che ho patito di più dopo la transizione liceo-università è stata l’enorme difficoltà di trovare del tempo libero per leggere; sentivo che mancava qualcosa, che in qualche modo mi stavo inaridendo interiormente. Finché non mi sono imposto di tornare a leggere con costanza, ricavandomi almeno qualche minuto ogni giorno. Ma veniamo a noi: il motivo del “conflitto” verbale coi miei colleghi de Il Caffè è riconducibile al modo in cui si legge, alla filosofia che ci sta dietro e ai criteri con cui si scelgono i libri.

Ho una lunga coda di libri da leggere, e ad ogni testo di narrativa contemporanea alterno un classico o un saggio. Mi sono imposto di non decidere in base all’istinto cosa leggere: ho impilato tutti i libri in coda e li ho rinchiusi in uno zaino, in modo tale che in cima alla pila ci sia quello che, cronologicamente, è entrato in mio possesso per primo (per chi s’intende di logistica o informatica, è una coda FIFO bella e buona!). Quando termino la lettura di un testo, mi limito ad aprire lo zaino e pescare il libro successivo. Non scelgo cosa leggere, non valuto quale testo mi sembri più interessante in quel momento, tra quelli a mia disposizione. I miei colleghi sostenevano invece che ognuno debba leggere ciò che più gli aggrada: posto di fronte a tutte le alternative, deve poter scegliere quella più allettante per lui, nello stato d’animo in cui è. La trovo un’opinione molto “romantica”, istintiva, e in questi termini non nascondo alcun giudizio negativo. Ma io sono anche uno scrittore, e cerco d’immedesimarmi in chi scrive: ritengo che a chiunque debba essere data la possibilità di dire ciò che crede, e di essere ascoltato. Quello che Voltaire disse, e che è stato citato di recente su queste pagine: “Non condivido quello che dici, ma farò di tutto affinché tu possa dirlo”, io lo applico alla lettura. Posso guardare all’opera di uno scrittore storcendo il naso, mosso dai preconcetti, ma voglio dare a tutti almeno una possibilità. Sentire ciò che vogliono raccontare. Capire perché abbiano speso mesi o anni della loro vita per realizzare il loro libro: elaborarlo, scriverlo, correggerlo, stamparlo. Sudore e fatica: anche solo questi rendono la loro opera degna di essere, se non apprezzata, esaminata.

Come posso dare a tutti questa possibilità, se mi limito a scegliere i libri che più m’interessano? Come posso essere imparziale, se decido in base ai miei gusti? E qui intendo fare un passo in più: sono convinto che, se mi si lascia carta bianca in fatto di scelta dei libri, io tenderò a procurarmi quelli che più sicuramente incontreranno il mio gradimento. Ma questo non significa altro, se non che quei libri in qualche modo rispecchieranno il mio modo di essere. In altre parole, io come lettore “crescerei” vedendo intorno a me solo cose simili a quelle che penso io. E trovo che questo sia sbagliato. L’esperienza della lettura, oltre che un intrattenimento, dev’essere innanzitutto formante. È uno dei più potenti mezzi conoscitivi di cui l’uomo dispone, e come tale va usato. Ridurre la lettura a semplice passatempo è a mio avviso sbagliato, e svilisce l’opera di chi, scrivendo, ha voluto comunicare al mondo qualcosa. Aprirsi a libri che d’istinto non si leggerebbe, ad autori che già si sa essere allineati diversamente da sé, a stili di scrittura lontani da quelli prediletti, tutto ciò può essere faticoso. Ti costringe a metterti in dubbio, a confrontare le tue opinioni e i tuoi gusti con altri differenti, forse conflittuali. Questo appare tanto più palese nel caso dei saggi o della narrativa “impegnata”, ma anche la narrativa “leggera” se ne fa portavoce, a suo modo.

Non affermo di dover leggere solo cose lontane dai propri gusti, perché si perderebbe quel sapore piacevole che la lettura di un’opera gradita porta sulle labbra. Leggere non dev’essere un obbligo o un peso. Se ho sperimentato che un autore proprio non mi piace, non comprerò una seconda volta un suo libro, e magari “tirerò il fiato” tornando da uno dei miei scrittori preferiti; ma gli ho dato una possibilità. Siamo umani, abbiamo delle opinioni, prediligiamo certi stili ad altri; ma è corretto, di tanto in tanto, se si riesce anche frequentemente, fare capolino al di fuori della nostra sfera privata, solida e protettiva. Guardare oltre, effettuare un’incursione nella sfera di qualcun altro. E chissà che l’esperienza non risulti gratificante e, da due che erano, si formi un’unica grande sfera, splendente e di modello per le altre.

Sarei felice di dibattere con voi queste cose. La mia opinione può essere salda in me, ma mai perfetta; e ascoltare le motivazioni altrui contribuisce senz’altro a perfezionarla.