mercoledì 3 marzo 2010

Il Broker: John Grisham e il thriller “italiano”

Gianpaolo Repici

Quando ci si propone di effettuare una rapida analisi di uno dei libri di narrativa “leggera” più noti degli anni Duemila, scritto per giunta da uno degli autori più noti degli ultimi decenni, che la rivista Publishers Weekly ha dichiarato “lo scrittore maggiormente venduto degli anni Novanta”, credo che la prima domanda cui occorre rispondere sia: “Il successo del libro/autore è davvero meritato?”.

Ho letto “Il Broker” di John Grisham senza che conoscessi alcun’altra opera dell’autore; sapevo che i suoi libri vengono classificati come “gialli giudiziari”, e poco altro.

Il Broker non è certo un giallo giudiziario; credo sia più propriamente un thriller, ma a mio avviso esula dalla connotazione classica di questo genere.

La trama, detta per sommi capi, è questa: un potentissimo avvocato lobbista di Washington viene condannato a vent’anni di carcere per motivi di spionaggio. Dopo soli sei anni gli è concessa la grazia presidenziale, esce di prigione e viene condotto in Italia, dove assume una nuova identità e cerca di rifarsi una vita, mentre vecchi nemici si mettono sulle sue tracce per fargliela pagare.

Non dirò altro per non prevaricare la curiosità dei lettori; tuttavia, da queste poche righe si capisce che il genere del thriller appare quello più idoneo per classificare il romanzo. Spionaggio, nemici in movimento, aggiungiamoci CIA e servizi segreti di qualsivoglia nazione, ed ecco la ricetta perfetta per un thriller.

Il colpo di genio di Grisham è stato quello di ambientare gran parte della vicenda nel nostro Belpaese. Mi ha insegnato molto di più lui sulle consuetudini e le caratteristiche peculiari di noi Italiani rispetto a innumerevoli passeggiate per le vie del centro.

Questo popolo, che Grisham studia con gli occhi dello straniero, da un canto mette in luce alcuni aspetti riconducibili a famosi luoghi comuni, dall’altro, tuttavia, manifesta abitudini totalmente inattese. E quando ci si immobilizza, leggendo, e si riflette per qualche secondo, e si pensa tra sé: ‘Caspita, ha ragione, è proprio così! Noi siamo così!’, beh, allora è proprio il caso di dire che l’autore ha fatto centro.

A onor del vero, ci sono anche casi opposti (qualcuno di voi ha mai sentito dire che in Italia è maleducato ordinare un cappuccino dopo le dieci e mezzo di mattina?), che tuttavia quasi rinfrancano l’animo: in fin dei conti, se non commettesse alcun errore, Grisham sembrerebbe più “italiano” di molti di noi…


Ecco allora che la trama, per quanto ricca di spunti che, se maneggiati da altri autori, porterebbero suspense e fretta di leggere, si snoda con calma, come un placido fiume dall’ampio letto, qua e là insinuandosi in una folkloristica descrizione delle vie bolognesi, altrove in un richiamo storico intriso di sarcasmo. Spesso lo scorrere del tempo sembra fermarsi: i personaggi si siedono in un ristorante per fare pranzo, senza fretta, e il protagonista si stupisce di quante ore gli Italiani siano disposti a dedicare al cibo e alla buona cucina; per lui, che viene dalla realtà dei fast-food, tutto ciò sembra assurdo.

Con una cornice assolutamente nostrana, e carica di una magistrale ironia persino nei momenti più delicati, la trama tipica del thriller prende infine il sopravvento: il tempo comincia a stringere e i nemici si fanno sempre più vicini, in un crescendo finale che accelera i battiti del cuore e stuzzica la curiosità, fino alla conclusione. Il lettore potrà godersi ancora una nota dell’autore, straordinariamente autoironica: “E’ tutta fantasia, ragazzi. Ne so ben poco di spie, di sorveglianza elettronica […]. E se qualcosa in questo romanzo si avvicina alla realtà deve essersi probabilmente trattato di un errore.”

E ancora, un tributo al nostro Paese (che a quanto pare è più amato dagli stranieri che da coloro che vi abitano): “Bologna, comunque, è tutt’altro che fantasia. Mi sono concesso il lusso, dovendo scegliere un posto dove nascondere il signor Backman, di lanciare una freccetta su una carta geografica. Un paese valeva l’altro, più o meno; ma io adoro l’Italia e tutto ciò che è italiano, e devo quindi confessarvi che quando ho lanciato quella freccetta non avevo gli occhi bendati.”
Che dire? Grazie, Grisham. Ora non vedo l’ora di acquistare un altro tuo libro, e di andare a visitare Bologna.

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